Per realtà virtuale si intende un ambiente simulato tridimensionale, visibile attraverso un visore, che consente alla persona di “entrare” in uno scenario realistico ma controllato. In ambito terapeutico, questo significa poter esporre gradualmente il paziente a situazioni difficili da affrontare nella vita reale, mantenendo sempre la sicurezza del setting clinico.
La realtà virtuale in terapia utilizza scenari digitali creati per scopi psicologici: un volo in aereo, una piazza affollata, una stanza buia o un ambiente lavorativo stressante possono essere riprodotti con precisione. Il paziente vive in prima persona l’esperienza e può esercitarsi a gestire emozioni, pensieri e comportamenti in tempo reale.
La tecnologia al servizio della psicologia
La realtà virtuale in terapia sta cambiando il modo in cui affrontiamo la sofferenza psicologica. Se fino a poco tempo fa era associata solo a videogiochi o esperienze immersive nel tempo libero, oggi la realtà virtuale (VR) è uno strumento clinico sempre più diffuso nella pratica psicologica. Utilizzata da psicologi e psicoterapeuti formati, consente di accompagnare i pazienti in percorsi terapeutici altamente personalizzati, efficaci e innovativi.
L’integrazione della tecnologia nella pratica clinica permette di affrontare problematiche complesse con nuovi strumenti, stimolando la partecipazione attiva del paziente e potenziando il lavoro psicoterapeutico tradizionale. La VR, infatti, non sostituisce la terapia ma si integra ad essa.

Come funziona e a chi può essere utile?
Durante la terapia con VR (realtà virtuale), il paziente indossa un visore e viene guidato dal terapeuta attraverso ambienti virtuali coerenti con l’obiettivo terapeutico. Le scene sono studiate per attivare pensieri, emozioni e reazioni corporee, che possono poi essere osservate, elaborate e regolate. Il terapeuta resta sempre presente, aiutando il paziente a riconoscere le proprie risposte e a sviluppare nuove strategie di gestione.
Questo strumento è particolarmente indicato per il trattamento di fobie specifiche, ansia sociale, disturbi d’ansia e disturbo da stress post-traumatico.
Ogni sessione è personalizzata: si parte da un’attenta valutazione clinica, si definiscono obiettivi chiari e si selezionano le simulazioni più adatte.
La VR può essere integrata in percorsi di terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e permette esposizioni graduali, realistiche e personalizzate. È particolarmente indicata nei casi in cui l’immaginazione non è sufficiente a evocare la risposta emotiva necessaria per lavorare efficacemente su un vissuto o una paura.
I benefici della terapia con realtà virtuale
- Controllo e sicurezza: l’esposizione è protetta, calibrata e modificabile in base alla tolleranza del paziente;
- Coinvolgimento attivo: l’esperienza immersiva favorisce la partecipazione e l’apprendimento di nuove strategie;
- Personalizzazione: gli ambienti sono scelti o creati in base alle specifiche esigenze del paziente;
- Riscontri rapidi: in molti casi si osservano miglioramenti in tempi più brevi rispetto ad altri metodi tradizionali.
Inoltre, la VR può aumentare la motivazione del paziente, rendendo la terapia più dinamica. Questo può risultare particolarmente utile con adolescenti o adulti giovani, spesso a proprio agio con strumenti digitali. La ripetibilità delle simulazioni consente inoltre di monitorare i progressi nel tempo con grande precisione.
Esistono controindicazioni?
Come ogni strumento clinico, anche la VR deve essere usata da professionisti formati e in modo mirato. Non è indicata, ad esempio, in casi di epilessia fotosensibile, gravi disturbi neurologici o nei pazienti con forti sintomi dissociativi. In ogni caso, è sempre il terapeuta a valutare con attenzione l’idoneità del trattamento.
Il ruolo del terapeuta
L’utilizzo della realtà virtuale non sostituisce la relazione terapeutica, ma la arricchisce. Il terapeuta guida l’esposizione, monitora le reazioni e favorisce l’integrazione dell’esperienza vissuta. La VR non è una soluzione automatica, ma uno strumento al servizio della terapia.
Il terapeuta ha il compito di selezionare i contenuti virtuali, adattare l’esperienza in tempo reale, valutare le reazioni emotive e comportamentali del paziente e rielaborare quanto emerso nel contesto della relazione clinica. La componente empatica, il sostegno e l’alleanza terapeutica restano imprescindibili per il buon esito del percorso.
Realtà virtuale: si o no?
La realtà virtuale rappresenta una promettente frontiera della psicoterapia contemporanea. Tuttavia, non è adatta a tutti né è sempre la soluzione più indicata. È uno strumento utile soprattutto quando l’esposizione immaginativa non è sufficiente o quando è difficile ricreare nella realtà gli stimoli necessari al trattamento.
Può rappresentare una valida risorsa in percorsi centrati su fobie, ansia sociale, stress post-traumatico o difficoltà emotive, ma richiede sempre una valutazione clinica attenta e una supervisione professionale costante. Nei casi in cui siano presenti patologie neurologiche, dissociazione marcata o un assetto psichico fragile, è opportuno valutare con cautela l’utilizzo della VR.
Ogni intervento psicologico va costruito su misura della persona, e la tecnologia può essere un grande alleato solo se inserita in un contesto terapeutico consapevole, flessibile e centrato sulla relazione.